Come sono scolpite le mappe dei suoni nella corteccia uditiva

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 27 gennaio 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo studio delle basi neurali della percezione del suono, all’origine dell’esperienza della musica, ha fornito nel tempo nozioni ben definite sull’organizzazione sensoriale che porta dalla trasduzione in segnali bioelettrici delle onde di rarefazione e compressione giunte alla velocità di circa 344 m/s al timpano e trasmesse dall’orecchio medio alla coclea, fino alle vie acustiche che, attraverso il corpo genicolato mediale, proiettano all’area uditiva primaria o area 41 di Brodmann della corteccia del lobo temporale. Tutta la via acustica, a partire dalla coclea, presenta un preciso rapporto fra sede topografica e frequenza veicolata, in una specifica organizzazione tonotopica. Le mappe sensoriali della corteccia cerebrale, che intervengono nell’elaborazione dei segnali con memorie di processo sempre più ricche e importanti con l’accumularsi delle esperienze, sono rimodellate nelle fasi precoci della vita, per adattarsi all’ambiente circostante. È noto che l’induzione di questa plasticità avviene per effetto di segnali, sia sensoriali sia di contesto, ma non si conosce il modo in cui tali segnali convergano per scolpire i circuiti talamo-corticali in evoluzione.

Anne Takesian e colleghi coordinati da Takao Hensch hanno condotto uno studio che fornisce una risposta a questo interrogativo.

(Takesian A. E., et al., Inhibitory circuit gating of auditory critical-period plasticity. Nature Neuroscience  – Epub ahead of print doi: 10.1038/s.41593-017-0064-2, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: F. M. Kirby Neurobiology Center, Boston Children’s Hospital, Boston, Massachusetts (USA); Center for Brain Science, Department of Molecular & Cellular Biology, Harvard University, Cambridge, MA (USA).

Hensch e colleghi hanno rilevato e dimostrato che il primo strato (L1, da layer 1) della corteccia uditiva primaria si può considerare come un hub con un ruolo cruciale, nel quale i segnali neuromodulatori e quelli talamici organizzati topograficamente si incontrano per “sintonizzare” gli strati corticali sottostanti.

Gli interneuroni inibitori localizzati in L1 inviano proiezioni raccolte in piccoli fascicoli discendenti per modulare in maniera differenziata il flusso talamico alle cellule piramidali e a quelle esprimenti parvalbumina (PV) nello strato corticale L4, creando brevi finestre di attivazione intracolonnare. Esperimenti che hanno silenziato le cellule di L1, ma non quelle esprimenti VIP, hanno abolito la plasticità della mappa corticale acustica durante il periodo tonotopico critico. Le transizioni evolutive nella sensibilità dei recettori nicotinici dell’acetilcolina (nAChR) in queste cellule, causate dalla proteina Lynx1, possono essere ignorate per prolungare la durata del periodo critico. Altro aspetto di rilievo, emerso in questo studio, è che le mappe talamo-corticali in L1 sono di per sé stabili e fungono da struttura di base per la plasticità corticale durante tutta la vita.

In estrema sintesi, gli interneuroni inibitori dello strato 1 della corteccia uditiva primaria integrano l’input talamico organizzato topograficamente e quello neuromodulatorio, per scolpire la mappa delle frequenze sonore nella corteccia uditiva primaria durante il periodo critico dello sviluppo.

Infine, segnaliamo l’essenziale apporto della metodica detta “Brainbow”[1] agli esperimenti di questo studio.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-27 gennaio 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Brainbow (da brain = cervello e rainbow = arcobaleno) è un metodo elaborato da Livet e colleghi presso l’Università di Harvard, che consente di individuare nell’encefalo singole cellule e distinguerle dalle vicine per effetto dell’assunzione di un colore caratterizzante, scelto a caso da un pool cromatico. Brainbow si basa su un set di procedure genetiche che consentono di generare topi transgenici esprimenti fino a 100 tinte diverse nelle cellule del nevrasse (v. Note e Notizie 8-12-07 Un nuovo metodo di studio del cervello).